Uomini Illustri
Nel passato Moliterno ha dato i natali ad importanti pittori, letterati, uomini politici, generali ed alti prelati e vanta tra i suoi illustri concittadini:
- FRANCESCO PETRUCCELLI : (1768-1840) prima prete poi medico, scrisse in Napoli vari libri sanitari. Va ricordato per il suo libro "Osservazioni teoriche-pratiche sugli stravasamenti e ristagni morbosi e sull'uso degli evacuanti".
- DOMENICO CASSINI : (1777-1831) valente avvocato, detto "L'aquila del foro di Napoli". Incerta la causa della sua morte: si ipotizza sia stato avvelenato ma ma non si esclude che sia stato infettato dal colera.
- ANDREA BIANCULLI : nacque nel 1788. Tenente della grande armata napoleonica, giunto in Danzica si ammalò e, dopo la disfatta della grande armata, mori il 18 gennaio del 1812.
- GIUSEPPE RUGGERO PARISI : (1757-1829) generale. Fondò la "Nunziatella" di Napoli. Fu celebre per le sue opere e per la sua vita militare tanto da meritarsi uno dei posti più alti nella storia generale di Napoli dove fu menzionato nelle "VITE DEGLI ILLUSTRI CAPITANI DEL REAME DI NAPOLI".
- FRANCESCO BIANCULLI : (1803-1876) fu un valoroso avvocato e fu nominato nel 1831 patrocinatore della grande corte criminale di Potenza.
- TIBERIO PETRUCCELLI : (1824-1872) medico letterato.
- ASCANIO PARISI : (1529-1614) monsignore, fondò il monte di pietà dell'Annunziata con annesso ospedale, e pur essendo vescovo di Marsico, visse sempre a Moliterno.
- FERDINANDO PETRUCCELLI DELLA GATTINA : (1815-1890) medico, storico, letterato, giornalista e scrittore di fama europea, precursore del giornalismo moderno;.
- GIACOMO RACIOPPI : (1827-1908) storiografo di fama internazionale;
- ACHILLE MAZZITELLI : (1845-1914) generale di corpo d'armata.
- FRANCESCO LOVITO : (1830-1906) più volte deputato, promosse la venuta di Zanardelli in Lucania nel 1902.
- MICHELE TEDESCO : (1834-1917) famoso pittore che fece parte ed insegnò nella Scuola Fiorentina.
- ANTONIO DE BIASE : (1874-1948) prefetto in diverse città italiane, finì prefetto di Firenze.
- DOMENICO GALANTE : (1893-1955) segretario generale del Senato.
- PIETRO DI MARIA : (1865-1937) vescovo di Catanzaro, arcivescovo di Iconio, delegato apostolico nel Canada e Nunzio Apostolico a Berna.
Ferdinando Petruccelli della Gattina
Moliterno, 28 agosto 1815 - Parigi, 29 marzo 1890
Ferdinando Petruccelli della Gattina nacque a Molitemo il 28 agosto del 1815 da Luigi, medico iscritto alla Carboneria, e da Maria Antonia Picciniimi, nobildonna di Marsicovetere.
Ricevette un’educazione rigida e severa che mal si conciliava con la sua indole ribelle, prima da parte della nonna materna e poi da parte dell’arciprete Cicchelli di Castel Saraceno.
All’età di quindici anni, lo zio Francesco, medico della famiglia dei Murat e fondatore delle prime logge massoniche in Basilicata, lo fece andare a Napoli nel seminario di Pozzuoli, retto da monsignor Rossini, noto per i suoi metodi educativi “polizieschi”.
La dura disciplina delle istituzioni religiose ac-crebbe in lui una profonda acredine, le regole gesuitiche gli inasprirono lo spirito e lo portarono su posizioni anticlericali.
Al di là del rigore e della disciplina, Ferdinan-do cominciò a scoprire il valore dell’istruzione e scelse gli studi di medicina a Napoli e si laureò ma, attratto dal giornalismo, iniziò a viaggiare nelle grandi capitali d’Europa quali Londra e Parigi.
Qui conobbe scrittori e pensatori di grande le-vatura come Balzac, Stendal, Proudhon, Darwin e frequentò ambienti della filosofia laica, improntati allareligione delle libere nazionalità ed al progresso.
Petruccelli della Gattina fece il suo ingresso nel mondo del giornalismo dal 1836. La sua prima collaborazione fu presso il Salvator Rosa di Napoli e nel febbraio del ’48 fondò il giornale Mondo vecchio e Mondo nuovo, animato da populismo giacobino, radicalismo e da una forte vena polemica.
Il quotidiano in un primo momento subì la cen-sura e successivamente fu sospeso; risorse con un nuovo nome: Un altro mondo, cui fecero seguito una nuova sospensione e un nuovo nome: Il finimondo. Una nuova morte, una nuova risurrezione: Così va il mondo... Il giornalista non depose la penna!
Nel 1848 i cittadini del distretto di Melfi lo elessero loro rappresentante al Parlamento Napoletano. Il 15 maggio dello stesso anno, nelle vesti di deputato, Petruccelli fu tra i primi ad insorgere nella metropoli partenopea contro il re Ferdinando II, intenzionato ad apportare modifiche alla Costituzione del 10 febbraio.
Si spostò in Calabria dove guidò i moti di quell’anno e per circa un anno, ricercato dalla polizia, vagò nell’entroterra di questa regione, della Basilicata e del Cilento.
Riuscì a ritornare a Napoli e ad imbarcarsi clandestinamente alla volta di Parigi prima e di Londra poi. A Parigi si dedicò al giornalismo e divenne collaboratore del prestigioso quotidiano La Presse e fu corrispondente di varie testate francesi e belghe.
Lasciata Parigi si spostò a Londra, dove entrò in contatto con Giuseppe Mazzini, Louis Blanc e altri esuli democratici.
Divenne notissimo al pubblico di tutta Europa per le sue corrispondenze al seguito dell’esercito di Napoleone III.
Proclamata l’indipendenza italiana nel 1860 Petruccelli della Gattina ritornò in Italia, dove fu eletto Deputato al Parlamento nazionale per il Collegio di Brienza e, dal 1874 al 1882, dileggiano. Si distinse per il suo spirito caustico e irrequieto e per i suoi discorsi e le sue invettive.
Tornò spesso a Londra e a Parigi e nel 1867, proprio a Londra, conobbe la sua futura moglie, Maude Paley- Baronet, con la quale inizialmente si trasferì in Francia.
Continuò a scrivere senza sosta romanzi e articoli tra Londra e Parigi, in quest’ultima città si trasferì nel 1888 e vi morì nel 1890.
Oltre agli innumerevoli articoli giornalistici, tra le sue opere più importanti si ricordano: “I moribondi di Palazzo Carignano” e “Fattori e malfattori della politica europea contemporanea”, in cui emerge la critica tagliente verso alcuni esponenti politici del tempo, “Le Memorie di Giuda”, “ Il Sorbetto della Regina”, “Le Notti degli Emigrati a Londra”.
Michele Tedesco
Moliterno, 24 agosto 1834 - Napoli, 1917
Michele Tedesco nacque a Molitemo il 24 agosto 1834 da Giacomo e da Anna Racioppi.
Trascorse i primi anni della forma-zione a Spinoso, presso lo zio, l’abate Antonio Racioppi, grazie al quale si avvicinò alla pittura, e in seguito si iscrisse all’ Istituto di Belle Arti di Napoli, dove studiò sotto la guida di Domenico Morelli.
Completato il ciclo di studi e di pittura, nel 1860 si arruolò nella Guardia Nazionale e seguì Garibaldi in Toscana.
Si trasferì a Firenze dove entrò in contatto con il movimento artistico il “Calde di Michelangelo”, centro di diffusione di una nuova corrente pittorica denominata “Macchia”, contraria ai modelli dell’accademia e all’arte classica.
Nel suo soggiorno fiorentino dal 1860 al 1874 fu attivo nel movi-mento macchiando e fu tra i primi frequentatori della tenuta di Martelli a Castiglioncello, dove fu ospite assieme a Telemaco Signorini e Giuseppe Abbati.
Maturò quindi il gusto per la pittura spontanea, che caratterizza le sue prime produzioni, e dal contatto con gli amici pittori di scuola napoletana, Federico Rossano e Marco De Gregorio, sviluppò l’interesse per la ricerca storica e lo slancio spirituale per il passato.
Viaggiò molto in Italia e in Europa e durante un viaggio in Baviera conobbe e sposò la pittrice Julia Hoffman, con la quale si trasferì a Napoli.
Divenne un artista colto e geniale e nel 1877 si trasferì a Portici, dove insegnò disegno e fu direttore della Scuola dei disegni e dei bozzetti.
Nel 1890 vinse il concorso per la cattedra di Disegno all’Istituto di Belle Arti a Napoli e, ormai in famoso ed apprezzato, collaborò con diversi giornali di critica d’arte.
Nelle sue opere, dopo il periodo macchiaiolo, campeggia il tema femminile, trattato sempre con toni intimistici e delicati; spesso la donna è colta in momenti di sospensione meditativa nel moto incessante e tempestoso dei propri sentimenti.
Legato alla visita in Basilicata del Presidente del Consiglio dei ministri del 1902, Giuseppe Zanardelli, Tedesco dipinse un quadro allegorico ricco di riferimenti culturali e antropologici a testimonianza del suo forte legame con la propria terra.
Il flusso continuo di pensieri, immagini, schizzi e sensazioni che il pittore annotava nei suoi viaggi è raccolto negli appunti dei taccuini che costituiscono patrimonio della Casa Museo Domenico Aiello di Molitcrno.
Giacomo Racioppi
Moliterno, 21 maggio 1827 - Roma, 21 marzo 1908
Giacomo Racioppi nacque a Moliterno il 21 maggio 1827 da Francesco e da Anna Teresa Lapadula.
Il padre, insegnante di materie giuridiche e giudice di pace, originario di Spinoso, era un esponente della borghesia agraria locale, liberale e carbonaro.
Affidò l’istruzione di Giacomo allo zio abate Antonio, medico e cultore di lettere classiche, che lo fece studiare prima in Basilicata e poi a Napoli, dove divenne professore di letteratura italiana e latina presso il Collegio del Salvatore.
A Napoli Racioppi si accostò al pensiero dei riformisti meridionali e in particolar modo a quello di Antonio Genovesi ma nel 1845, a seguito della morte del padre, dovette ritornare a Moliterno e farsi carico della difficile situazione economica della famiglia.
Tre anni dopo ritornò a Napoli e nel 1849, nonostante non avesse preso parte direttamente ai moti del ‘48, fu arrestato per sospetta complicità con Tiberio Petruccelli, un giovane studente di medicina di idee repubblicane e suo compaesano, e per il ritrovamento nella sua abitazione di pubblicazioni ritenute ‘sovversive’, di ispirazione democratica e repubblicana.
Nei quattro anni di carcere entrò in contatto con altri detenuti, politici e intellettuali come Luigi Settembrini, Antonio Scialoja, di cui seguì le lezioni di economia politica tenute in cella, Michele Pironti, Francesco Trinchera e Liborio Romano.
Tali contatti lo portarono ad abbandonare le posizioni mazziniane e la temperie romantica a favore di una meditazione più analitica e fredda, che lo spinse a sostenere posizioni politiche moderate.
Una volta rilasciato fece ritorno a Moliterno, dove rimase, obbligato al domicilio coatto, fino al 1860 dedicandosi agli studi di statistica economica, all’indagine storica, alla letteratura e alla filosofia, nonché all’impegno politico.
A seguito del tragico terremoto del 1857, Racioppi pubblicò uno studio sui terremoti della Basilicata, che sarebbe stato tradotto anche in Francia, Svizzera e Gran Bretagna.
Nel 1859 sposò Vincenzina Giliberti da cui ebbe tre figli: Francesco, giurista, Antonio, funzionario presso il ministero dei Lavori pubblici, ed Evelina.
Dopo la spedizione dei Mille e l’insurrezione lucana del 18 agosto 1860, il mazziniano Giacinto Albini, nominato governatore della Basilicata da Giuseppe Garibaldi, il 20 settembre conferì a Racioppi l’incarico di segretario generale del governo della regione.
In quella veste, Racioppi dovette gestire una congiuntura molto delicata, caratterizzata dal brigantaggio e dai moti contadini, svolgendo una difficile opera di mediazione.
Di fronte alle insorgenze rurali difese il diritto inviolabile della proprietà, nella convinzione che si dovesse aggregare il consenso borghese al nuovo ordine. Ma il nuovo prefetto, il piemontese Giulio de Rolland, lo accusò di non essere stato ‘operativo’, ovvero sufficientemente repressivo.
Fu quindi trasferito a Napoli come consigliere di Prefettura. A Napoli entrò in conflitto con il prefetto Rodolfo d’Afflitto, poiché tentava di contrastare l’estrema durezza adoperata nell’imporre l’ordine pubblico e si opponeva alla proclamazione dello stato d’assedio e alla legge Pica, di conseguenza si mise in aspettativa e decise di tornare nel paese natio.
Nel 1861 fu eletto deputato per i collegi di Chiaromonte e di Tricarico (la doppia elezione, però, fu annullata per incompatibilità, perché Racioppi era un funzionario pubblico, precisamente «segretario di governatore di provincia»).
Furono quelli gli anni dei suoi lavori più importanti, dedicati alla storia della Basilicata é in particolare alla storia dei moti del 1860, in cui mise a fuoco l’origine e la natura della borghesia agraria, formatasi a partire dal decennio francese e dall’abolizione della feudalità, nonché le origini e le caratteristiche della questione demaniale e del brigantaggio.
Nel 1871 Racioppi fu nominato direttore generale della Statistica al ministero di Agri
coltura, Industria e Commercio e si trasferì a Roma. Successivamente, in età ormai matura, ebbe altri incarichi: fu consigliere governativo del Banco di Napoli dal 1890 al 1896; con-sigliere di Stato dal 1896 al 1905 e senatore del Regno dal 4 marzo 1905.
Morì a Roma, il 21 marzo 1908.
Giuseppe Ruggero Parisi
Moliterno, 27 marzo 1745 - Napoli, 14 maggio 1831
Giuseppe Ruggero Parisi nacque a Molitemo, da Domenico Parisi e da Margherita Poncellini, il 27 marzo 1745.
Fu avviato agli studi dallo zio Angiolo Parisi, magistrato della Vicaria, e a Napoli seguì le lezioni di diritto ed economia alla scuola del Vargas e del Genovesi e divenne amico di Mario Pagano.
Dopo aver studiato matematica, fisica e astronomia, a diciannove anni intraprese la carriera militare, in qualità di volontario cadetto nel primo reggimento Calabria.
Frequentato il corso accademico di Artiglieria e Genio, nel «1771 divenne ingegnere del Genio Militare con il grado di tenente e nel 1774 fu nominato professore di architettura militare nell’Accademia del battaglione Ferdinando, incarico che detenne fino al 1781.
Pubblicò due tomi di Elementi di architettura militare composti per uso dell’Accademia del Battaglione Regal Ferdinando, poi completati in 4 volumi, e il Corso di fortificazioni.
Nel 1781 fu inviato a Vienna per perfezionarsi negli studi di architettura militare e per conoscere regolamenti e leggi degli altri eserciti.
Diventato Tenente Colonnello, venne richiamato a Napoli nella scuola militare della Piaggeria che, grazie a lui, venne trasformata nella famosa “Nunziatella” dal nome della “chiesa della Nunziatella”, dove aveva sede il Noviziato dei Gesuiti a Pizzofalcone. Il 18 novembre 1787 la nuova accademia militare iniziò i suoi corsi e Parisi ne diresse i primi passi in qualità di vice comandante.
Infatti, con decreto del Ministro Acton, il marchese di Supino, Domenico Leonessa, venne nominato “Comandante dell’Accademia e Mare-sciallo di Campo”, mentre Parisi ebbe l’incarico di “Comandante in Seconda e Ispettore agli Studi”.
Nel 1790 divenne comandante effettivo, mantenendo l’incarico fino al 1797 quando ebbe il grado di Maggiore Generale.
Negli anni successivi ricoprì importanti incarichi tra cui quello di Presidente della Sezione Guerra e Marina del Consiglio di Stato. Estraneo agli eventi del 1799, durante il Decennio Francese venne mantenuto nell’esercito e nel 1808 divenne Tenente Generale.
In questo periodo fu anche Presidente del Consiglio Provinciale di Basilicata. Destituito dopo la Restaurazione, fu chiamato a far parte della Giunta Provvisoria di Governo costituitasi il 9 luglio 1820. Nel dicembre del 1820 fu nominato Ministro della Guerra, incarico che tenne sino al febbraio dell’anno successivo.
Nel marzo del 1821 si ritirò a vita privata dopo ben 56 anni di servizio. Membro dell’Accademia Ercolano e Presidente della Reale Accademia delle Scienze, morì a Napoli il 14 maggio 1831 all’età di 86 anni. Nella Sala dei Ricevimenti della “Nunziatella” è conservato un suo busto.
Francesco Lovito
Moliterno, 22 ottobre 1830 - Moliterno, 6 gennaio 1906
Francesco Lovito nacque a Moliterno il 22 ottobre 1830 dal signor Martino, avvocato, e dalla signora Celestina Miadonna di Craco.
Già da bambino venne educato alla severità degli studi e all’amore per la patria.
Iniziò a studiare legge ma, poiché era cagionevole di salute e di costituzione gracile, fu costretto a rientrare in famiglia nel 1850.
In questo periodo mantenne i contatti con Giacomo Racioppi e Tiberio Petruccelli, reduci dalla galera per reati politici. Anch’egli divenne un fervente cospiratore e si adoperò per l’unità e l’indipendenza italiana.
Fu uno dei promotori dell’insurrezione lucana contro il regime borbonico, insieme all’Arcieri, al Lacava ed a Giacinto Albini.
Fu eletto sindaco di Moliterno e rimase in carica dal 1858 all’agosto 1860, quando, scoppiatala rivoluzione, fu chiamato a Potenza per prendere parte al Governo Prodittatoriale, in cui tenne la direzione dell’Ufficio di Guerra.
Nel 1861 fu eletto deputato al Parlamento nel collegio di Chiaromonte ed in seguito rieletto nei collegi di Brienza e Potenza.
Nel 1870 fu segretario generale dell’Agricoltura con il ministro Catagnola e poi dell’Interno con Depretis (dal 1881 al 1883).
Ospitò a Moliterno il Presidente del Consiglio Zanardelli, in visita in Basilicata nel settembre 1902.
Lovito fu un patriota convinto e rivelò sempre una coscienza pura e inflessibile, sia nel pubblico sia nel privato.
A causa di un’infermità cerebrale che lo colpì nel giugno del 1904, non chiese più il mandato politico e morì a Moliterno il 6 gennaio 1906.