Costume Tradizionale Moliternese
Il costume femminile detto "cammisetta" è costituito da uno scamiciato la cui gonna è di panno nero, pieghettata quasi a plissé nella parte posteriore mentre il corpetto è di panno rosso orlato in oro dal quale esce una camicia di tela bianca, abbastanza larga, sulla quale è applicato un polsino di velluto blu o rosso, che arriva sull'omero. Sul petto è applicato un panno di stoffa ricamata chiamata "pettino". Sul capo veniva indossato un panno marrone o nero detto "fasciaturieddu" i cui bordi erano ricamati in seta o in oro per le donne di condizione economica agiata.
II costume maschile tipico moliternese è detto " Capanieddu " ed è costituito da braghe e gilet di felpa nera, una camicia larga, un gabbano di colore marrone, orlato di velluto nero, calze di panno bianco, scarpe pesanti allacciate e sormontate da una ghetta di panno o di tela sul lato esterno della gamba. Completa il costume un cappello di forma conica, non molto alto con una falda stretta detta "tibs".
L’Abitazione Moliternese del Passato
L’abitazione moliternese si differenzia nettamente da quelle dei paesi limitrofi.
E' tipico infatti di essa "l'alcova", piccolo spazio in muratura nel quale si collocava un letto ad una piazza e mezza utilizzato dalla coppia, con la caratteristica di essere caldo d'inverno, poiché situato sempre nei pressi del camino, e fresco d'estate.
Nella parte alta dell'alcova veniva posta una culla sospesa che in dialetto veniva chiamata "cancieddu" nella quale riposava l'ultimo nato. Essa era agganciata a dei perni in ferro con delle corde per mezzo delle quali i genitori potevano cullare comodamente il bambino senza doversi alzare.
Accanto all'alcova di notte veniva posta un'altra culla bassa "a sporta" con i piedi a forma di dondolo dove dormiva il bambino poco più grande e che di giorno la si poteva cullare con il piede, mentre si stava seduti accanto al fuoco.
La casa moliternese era costituita da due ambienti importanti , solitamente posizionati sullo stesso piano, che venivano denominati " 'a casa" e " ‘a cammara".
La casa era quella che oggi chiamiamo sala ed essa era arredata con una credenza con i vetri " 'a vitrina" o con un mobile chiamato "Stipu tunnu", realizzato solo da artigiani locali, e con un tavolo e delle sedie.
Questo ambiente si collegava attraverso un arco con la "fucagna" luogo nel quale troviamo un grande camino accanto al quale vi era sempre uno "stipo a muro " con le ante in legno nel quale si conservavano le pentole, i piatti , i bicchieri e le spezie utilizzate per le pietanze che si cuocevano solitamente sul fuoco o al massimo su una fornacella.
Solo nelle case delle persone abbienti troviamo la cucina con le fornacelle incassate all'interno.
Nella "fucagna" veniva sempre ricavato l'alcova ed accanto al fuoco vi era sempre un tavolo piccolo "o tavulinieddu" con un piano che si apriva che veniva utilizzato, soprattutto d'inverno, per pranzare accanto al fuoco.
La "cammara" è la camera da letto dove solitamente dormivano i figli più grandi.
Nella soffitta, alla quale si accedeva attraverso una scala in legno, vi era solitamente la madia ed il forno a legna dove settimanalmente si panificava.
In essa, nella parte bassa, si conservava inoltre la legna e le derrate alimentari raccolte in campagna, che rappresentavano le provviste per l'inverno.
Le abitazioni, almeno fino agli inizi del novecento, mancavano di servizi igienici per cui i vari liquami venivano utilizzati per la concimazione degli orti limitrofi.